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Eppur si muore soli

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Mi abbandono nella steppa del concetto

equinozio a rendere del mio punto di vista

così bella ti ricordo e senza figli appesi alla grondaia del giorno.

Ma la tua vita è un' altra cosa ormai,

rispetto al fiato sprecato dell' amante.

Le immagini di te che ancora mi scolano dagli occhi

sono specchietti per le allodole, piccole truffe semantiche

per custodire frane dalla scialuppa di salvataggio

fino al primo mare calmo che contenga gli atomi

del tempo che ci confuse, me oltre qualsiasi approdo

e i tuoi occhi a bersaglio, in divenire.

Hai raggiunto finalmente quel chiasmo perfetto

che introduce a nuova danza il testacoda dei pensieri?

Oppure conservi certe mie parole per una nuova, segreta gestazione?

Io, dal canto mio, questa spregevole testimonianza di ragionevolezza,

ti lascio andare per sempre dove non mi vuoi.

E se ho provato a trattenerti è stato per mezzo di una lingua in disuso.

Niente di più che leccarmi le ferite.

Ma è il momento adesso, con estremo ritardo sulla vita,

di capitolare ad un nuovo capitolo, con melensa allitterata sentenza.

Per scoprire che ancora esisto seppure lontano dai tuoi sguardi discreti.

L' eventualità che non seppi cogliere è un fiore selvatico

dai petali dispari, consegnato, in flagranza di reato, ai m'ama non m'ama

di un viandante fortunato e le ricadute sul campo, per cui

l' evidenza che resto in piedi è solo l' estremo saluto alla Musa

che mi fosti, tuo malgrado, sono d' allenamento a futuri senza accenti.

Referenze, queste, che mi vengono buone per una tomba tra le nuvole.

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